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Note sulla curiosità in Psicoanalisi.

Relazione per il Convegno I.A.P.P.
Pescara, Giugno 1998.

Vorrei delineare in questo breve intervento i contorni essenziali del concetto di 'curiosità' all'interno dell'ottica psicoanalitica, evidenziando come tale dimensione sia divenuta progressivamente più rilevante nella teorizzazione recente, acquisendo valenze nuove e conquistandosi un suo spazio nella tematizzazione psicoanalitica relativa alla conoscenza ed alla ricerca epistemologica.

Già S. Freud, nei "Tre saggi sulla teoria sessuale", parla di curiosità a proposito della sessualità infantile, descrivendo l'interrelazione dinamica tra pulsione sessuale, curiosità, rimozione e sublimazione e considerando questi come gli elementi di base che alimenteranno la sete di conoscenza dell'individuo e la ricerca intellettuale in genere.

Melanie Klein in seguito fa derivare la curiosità da un impulso epistemofilico di natura secondaria in quanto conseguenza della risoluzione di spinte aggressive del bambino prodotte dalla sua invidia primaria e dall'avidità rivolte al corpo della madre ed al desiderio dei suoi preziosi contenuti. In tale contesto la concezione della curiosità ed il tema della conoscenza assumono una dimensione più ampia, collocandosi in fasi molto precoci dello sviluppo mentale dell'individuo e proponendo la dialettica trasformativi tra sadismo primitivo e impulso epistemofilico come aspetto fondante del processo di conoscenza, pur non considerando la curiosità come movente primario ed autonomo.

Con Wilfred Bion poi la tematica della curiosità assurge invece a reale principio esplicatore del funzionamento mentale, espresso nei termini del più comprensivo 'legame K' (o 'della conoscenza') ed a fianco agli altri legami 'H'(odio) ed 'L' (amore).

Si potrebbe quindi considerare la curiosità, di per sé, come la capacità primaria della mente di stabilire legami e di poter entrare così in relazione con l'altro (inteso qui anche nell'originario senso lacaniano di 'Altro'). Di contro, l'attacco al legame sotto l'influsso dell'odio distruttivo precluderebbe lo stesso riconoscimento della curiosità rivolta all'altro/Altro, ciò che sul piano fantasmatico può tradursi in termini di inibizione o di repressione sistematica dei meccanismi di identificazione primitiva, vitali per il benessere psichico del bambino nelle primissime fasi di sviluppo e nell'attivazione delle dinamiche di 'reverie materna'.

L'impossibilità di individuare un contenitore alla propria angoscia costringe il bambino ad accelerare la sua ricerca saturando prematuramente le aree di frustrazione ed operando una precoce attribuzione di significato collegata a sentimenti e stati emotivi caotici e incandescenti, come spiega Bion: "…Affinché si avvii il percorso conoscitivo è necessario che l'attribuzione di significato non sia prematura ma possa venire dilazionata, ammettendo anche la possibilità che i fenomeni non abbiano alcun significato… L'incapacità ad ammettere che essi non abbiano alcun significato soffoca in partenza la possibilità della curiosità…"(Op.cit.).

Viene qui alla mente anche un'altra idea bioniana, quella di 'pre-concezione', dove il collegamento con la curiosità sembra assumere una valenza particolare per la preminenza della dimensione temporale e del sentimento di 'attesa' che la caratterizza (la pre-concezione è un presentimento innato che orienta il bambino verso l'oggetto; oppure - potremmo dire - è l'attesa di uno 'specifico oggetto'). Anche qui, il ruolo assunto dalla curiosità sembra primario per l'importanza del compito svolto dalle fantasie coscienti ed inconsce connesse a tali dinamiche, mentre d'altro canto può essere evidenziata la stretta relazione tra curiosità ed attenzione quali 'funzioni' mentali che si alimentano reciprocamente, mantenendosi però su due piani distinti di attività. Oppure, in senso metaforico, come se l'energia della prima - come un raggio luminoso che attraversi un prisma - si scinda in molteplici e distinte radiazioni che si focalizzano su diverse bande di uno spettro visivo.

La componente 'insatura' propria della pre-concezione sembra richiamare poi la natura stessa della curiosità, che in tal senso può essere intesa come la manifestazione, su un piano esperienziale, di una funzione mentale connotata da una 'costante insaturazione' di fondo che impedisce la chiusura del circuito di pensiero, consentendogli così di strutturarsi secondo una modalità flessibile e soprattutto di continuare ad evolvere rimanendo potenzialmente aperto alla trasformazione ulteriore ed al cambiamento; cioè non esaurendosi con la 'conoscenza' dell'oggetto, peraltro sempre illusoria data la sua originaria inconoscibilità, sempre di volta in volta saturata artificialmente dal soggetto con le sue modalità più o meno improntate all'onnipotenza (la 'Verità'…).

Ecco dunque che la stessa presenza della curiosità testimonierebbe di un funzionamento psichico 'efficiente', non patologizzato dal ricorso forzato a schemi rigidi di riferimento, dove lo scarto tra la conoscenza onnipotente (la 'Verità') ed una curiosità perennemente 'insatura' - cioè tendente alla ricerca continua ma impossibile del suo oggetto totalmente gratificante, quindi esposta alla frustrazione ed al ridimensionamento sistematico - rimanda allo scarto esistente tra una fusionalità primitiva, confusiva ed indifferenziata, e una posizione separata del soggetto, seppure 'in contatto con…', che presuppone cioè il riconoscimento della alterità dell'oggetto.

È interessante prendere in esame anche il contributo di Margareth Mahler relativo al periodo tra il sesto e l'ottavo mese di vita del bambino, cioè durante quella che lei definisce la 'prima sottofase' del processo evolutivo in cui inizia la differenziazione e lo sviluppo dell'immagine corporea soggettiva e dove si osserva la 'reazione di angoscia all'estraneo' (un comportamento descritto per primo da René Spitz a proposito del modo in cui il bambino piccolo percepisce e riconosce, intorno all'ottavo mese di vita, un volto estraneo al proprio ambiente famigliare). In tali casi, precisa la Mahler, possono osservarsi nel bambino indicatori specifici di un atteggiamento di curiosità mista a stupore di fronte alla percezione dell'estraneità dell'oggetto (per es.: il viso di un adulto sconosciuto), che innesca movimenti di avvicinamento ed interesse manifesto per lo sconosciuto solo nel caso in cui sia stata raggiunta una condizione di 'fiducia di base' (si veda l'originario concetto nell'opera di S.Ferenczi) con la figura materna nella precedente fase simbiotica. Tale condizione di una adeguata 'fiducia di base' sembra avere conseguenze importanti nello sviluppo individuale successivo in termini di primario fattore discriminante tra sanità e patologia psichica, poiché consentirebbe al bambino di continuare a provare curiosità per il mondo circostante senza ricorrerete a manovre difensive di ritiro dalla relazione o peggio all'attacco distruttivo dello stesso legame con l'altro.

Sembra quindi appropriato citare nuovamente Bion che, parlando del rapporto col paziente psicotico che ricorre con frequenza all'attacco distruttivo al legame, afferma: "…L'ostacolo principale, che si para dinanzi ad ogni progresso che intendiamo imprimere in qualsiasi direzione durante la terapia, è rappresentato dalle distruzioni subite dal paziente nella sua tendenza alla curiosità, con tutta l'incapacità di apprendere che ne consegue…"

Si delinea così, all'interno della situazione analitica, la contrapposizione tra amore e distruttività, tra curiosità e desiderio di conoscenza da un lato ed i contrari movimenti di inerzia e rottura dei legami psichici dall'altro (la 'pulsione di morte', in termini freudiani). Ma il dissidio può tradursi anche nella ulteriore dicotomia tra conoscere ed essere, quando il sapere venga utilizzato quale difesa contro il divenire (il 'Sé'). La conoscenza - e la curiosità che ne è alla base - possono infatti divenire essi stessi ostacoli al processo trasformativo e di crescita dell'individuo se sono usati per evitare il cambiamento: "La resistenza in questo caso si manifesta - continua Bion - nella 'tendenza ad essere a conoscenza di qualcosa' (come avviene ad es. nel caso del pensiero 'dogmatico') invece di tendere al 'divenire di sé'. È ciò che si verifica in seduta quando l'interpretazione dell'analista viene si 'compresa' ma solo intellettualmente, mentre determina nel soggetto un rifiuto interiore dovuto ad una più profonda indisponibilità rispetto all'innesco di processi potenzialmente trasformativi della propria personalità.

Emerge cioè in questi casi, accanto alla curiosità e al desiderio di conoscenza di sé, il timore preponderante connesso ad un eventuale cambiamento del proprio essere, timore che assume a volte i connotati di una vera e propria catastrofe per il proprio senso di sé. Ecco allora che accanto alla curiosità, intesa come spinta propulsiva alla conoscenza, se ne affianca un'altra accezione in cui superbia e arroganza prendono il sopravvento. Nell'ottica bioniana siamo di fronte ai fenomeni opposti indicati con 'K' e '-K' che - come i punti estremi di un moto pendolare - rimandano al perpetuo movimento oscillatorio tra 'posizione depressiva' e 'posizione schizoparanoidea'.

La curiosità, in quanto dinamica psichica, può rafforzare l'una o l'altra posizione in rapporto alla capacità dell'individuo di tollerare nel tempo la frustrazione e il dolore della perdita; laddove tale tolleranza non sia stata sufficientemente sviluppata, la curiosità come spinta alla conoscenza sembra venire deviata e ridotta a mero meccanismo difensivo di controllo onnipotente della realtà.

Per concludere, si può accennare alla trattazione bioniana del mito, poiché è nella rilettura di alcuni di essi (si vedano: Edipo, la Torre di Babele, il giardino dell'Eden, il cimitero di Ur) che la curiosità acquista uno spessore ed una consistenza tali da arricchirne notevolmente ruolo e significato all'interno del suo sistema di pensiero. Il mito di Edipo, per esempio, viene osservato da Bion da un diverso vertice rispetto alla lettura freudiana; il groviglio di 'passione', cioè la libido del soggetto per le sue figure genitoriali, passa momentaneamente in secondo piano rispetto all'enigma della Sfinge che stimola la curiosità di Edipo e al contempo il desiderio di conoscenza e di esplorazione dell'ignoto. Al contempo, si osserva parallelamente un cambiamento nello stesso concetto tradizionale di 'crimine' collegato alla vicenda edipica, che vira dal rimorso per gli agiti aggressivi e sessuali nei confronti di padre e madre, al peccato di superbia connesso alla pretesa del disvelamento della verità ad ogni costo.

Attraverso lo scenario mitico, il carattere sovvertitore e violento della curiosità sembra così erompere in tutta la sua distruttiva potenza, fino alla catastrofe-catarsi finale: la conoscenza, nei mitologemi sopra citati, viene sempre punita da parte di un dio apparentemente ostile al progetto conoscitivo dell'uomo ed all'ampliamento dei confini della sua mente.

Ma si sottolinea anche che la curiosità di Edipo simbolizzi il suo coraggio nell'indagine intellettuale: "…Egli rappresenta il trionfo della curiosità risoluta sulla intimidazione e può quindi essere usato come simbolo dell'integrità scientifica" (W. Bion, Op.cit.).

F. M.

Bibliografia.

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